SOCIETÀ BENEFIT E B CORP: DUBBI E VANTAGGI

Ci sono medie imprese che credono davvero nella sostenibilità ambientale e in quella sociale perché portano a un modello economico e di lavoro più giusto; imprese che credono nel valore creato dalle persone.

Il percorso B Corp è un po’ più strutturato rispetto alla certificazione di società Benefit (qualifica giuridica a cui i soci si impegnano a vincolarsi per un beneficio comune oltre al profitto), proprio perché si deve rispettare la griglia dei criteri ESG (acronimo di Environmental Social and Governance) con cui si misurano le performance e i risultati delle aziende: ogni due anni si valuta effettivamente quanta attenzione si è posta nei confronti dei propri impatti ambientali, sociali ed economici, in relazione al livello minimo di compliance rispetto a uno standard stabilito.

È chiaro quindi che per ottenere la certificazione B Corp bisogna intraprendere un percorso che per le aziende è dispendioso a livello di energie e di coinvolgimento di risorse (sia economiche che umane). Da qui la tensione più costante delle B Corp, rispetto alle società benefit, che devono puntare al continuo miglioramento per alzare sempre più l’asticella dei risultati ESG.

I DUBBI

Inquadrato l’impegno che richiede questo percorso, è chiaro che ci sia dello scetticismo a riguardo. In primis, non tutte le imprese, soprattutto se piccole o familiari, aprono facilmente le proprie porte a un team di controllori esterni affinché valuti la propria catena di produzione e di fornitura.

Per quanto riguarda le società quotate invece, i timori sono l’insorgenza del diritto di recesso in seguito alla modifica dell’oggetto sociale; l’assenza di benefici o agevolazioni a fronte dell’onerosità delle strutture interne di monitoraggio della finalità Benefit, ma anche le incertezze collegate a una normativa poco chiara. 

Gli altri soggetti rilevanti del mercato si dividono in tre orientamenti: il primo, maggioritario, vede con favore l’eventuale acquisizione dello status Benefit da parte delle grandi società quotate, anche in virtù di un effetto traino esercitabile sulle Pmi; il secondo esprime una posizione neutrale, in attesa delle nuove indicazioni comunitarie contenute nella Corporate Sustainability Reporting Directive (Csrd); il terzo, minoritario, è invece sfavorevole, ritenendo già presenti strumenti adeguati a dimostrare l’impegno di un’azienda in termini di sostenibilità.

I VANTAGGI

Visti i risultati a cui portano queste certificazioni, si spera che un’azienda non vi si avvicini solo per i vantaggi. Tuttavia, per dissipare qualche dubbio, non ci sono solo tensioni e difficoltà sul percorso delle B Corp. 

Innanzitutto, intraprendere questa strada permette alle aziende di differenziarsi nel proprio mercato di riferimento, che sappiamo essere un ambiente competitivo in cui la novità è sempre necessaria; dal punto di vista economico permette di misurare i risultati, risparmiare e migliorare, come permette anche di migliorare le performance dell’azienda. Anche l’impatto umano è importante, perché riesce a creare un maggiore coinvolgimenti di investitori, fornitori e clienti; si è rivelato in grado di attirare e trattenere persone di talento nel gruppo aziendale, oltre che di attrarre investimenti – un investitore con intenti precisi sarà più attratto da un’azienda che ha iniziato un percorso o che sia certificata sulla sostenibilità. Infine, nella sfera globale del brand, rafforza la fiducia verso quest’ultimo e la sua credibilità, anche perché permette all’azienda di portare avanti obiettivi di sostenibilità a lungo termine.

Inoltre, è bene tenere d’occhio il percorso delle aziende negli ultimi anni rispetto a queste certificazioni: le imprese virtuose in due anni, in Italia, sono cresciute da 500 di inizio 2020 a quasi 2.000 di oggi (1.920 quelle iscritte al Registro Infocamere a marzo, un terzo in Lombardia). Ancora più alta la crescita per le B Corp: sono 4.602 in tutto il mondo, coinvolgono 437mila lavoratori e hanno un impatto economico di 155 miliardi di ricavi. In Europa sono passate da 1.000 di fine 2021 (13mila dipendenti e ricavi per oltre 7,5 miliardi) alle attuali 1.400. In Italia il numero cresce ogni giorno: 120 a fine 2021, a fine marzo scorso erano 140 e già ieri risultavano 156 imprese B Corp tricolore, con oltre 13.550 dipendenti coinvolti e poco meno di 8 miliardi di ricavi.

IN CONCLUSIONE

Il fenomeno comunque avanza sempre più convinto su quei valori fondanti le società Benefit e B Corp, e una spinta ulteriore l’ha data il 19 maggio scorso, in cui si è aperto il termine per chiedere al Mise, il ministero per lo sviluppo economico, il credito d’imposta al 50% sulle spese di costituzione di impresa Benefit.

La norma italiana rappresenta una straordinaria opportunità per le nostre imprese di coniugare in modo virtuoso il proprio scopo di lucro con un beneficio in favore del territorio, delle persone e dell’ambiente in cui operano. 

L’altra vera sfida, piuttosto, e su cui sono attese le aziende, è riuscire a mettere in pratica concretamente dentro l’impresa il nuovo modo di lavorare e riuscire a cambiare la cultura aziendale in tutti i suoi settori. Ulteriore sfida è quella di allargare questo impatto positivo che non diventa solo di tipo morale, ma industriale e presupposto di un nuovo modello di crescita e di sviluppo,  anche lungo la filiera di collaborazione e di fornitura.